“Antropozoologie – studio verosimile di una realtà grottesca” Biagio Iacovelli, Eretica Edizioni

“Antropozoologie – studio verosimile di una realtà grottesca” è una raccolta di nove racconti, legati dal tema della fallibilità dell’uomo, nata dall’esigenza di raccontare gli sconfitti o l’umanità quando si sconfigge da sola, come ha spiegato l’autore Biagio Iacovelli, introducendo questa sua prima opera pubblicata con Eretica Edizioni. Illustrato dalla cugina dell’autore, l’artista Eleonora Iacovelli, il libro ha una prefazione di tutto rispetto, curata da Moni Ovadia che ha speso parole assai positive su questo autore emergente: “Biagio Iacovelli non è qualcuno che scrive – ha commentato Ovadia – ma uno scrittore; la differenza è rilevante”. In effetti Iacovelli si fa notare con questo suo esordio letterario, grazie ad una grande creatività e abilità narrativa.

Biagio Iacovelli

L’attore lucano, dunque, ha abbandonato per una volta il ruolo di protagonista in film e spettacoli teatrali (lo abbiamo visto in scena con Giorgio Albertazzi, Moni Ovadia, Remo Girone e Antonio Catania) per dare voce ad altri protagonisti, quelli dei suoi racconti, creati e assemblati nell’arco di 5 anni.

Antropozoologie: un titolo curiosissimo

«Inizialmente volevo raccontare tutto tramite gli animali per parlare dell’uomo. Poi non è stato così, ma ho riflettuto sul fatto che spesso e volentieri l’uomo fa emergere la sua parte bestiale come avviene in questi racconti e ho pensato che il titolo potesse essere esplicativo» ha spiegato Iacovelli alla redazione di Moozart.

Dalle illusioni effimere della vita, si passa attraverso una rilettura ardita della venuta di Cristo, all’esasperazione degli orrori della politica. L’autore non ha paura di dire la sua e di evocare con immagini molto forti la sua visione della vita, della morte, della religione, del peccato.

È una visione che ricompare più volte attraverso le storie narrate al punto che pare tu voglia proporla come rivelazione, come verità. Non temi possa risultare un po’ presuntuoso?

«Non pretendo di raccontare una verità assoluta, io sono contrario alle verità assolute ma è sicuramente la mia opinione. Non riesco facilmente a trovare una mediazione in quello che penso e sicuramente questo tratto del mio carattere emerge nella narrazione, io mi faccio sempre infiammare dai discorsi».

Biagio Iacovelli ha un linguaggio molto fantasioso e ricercato e “Antropozoologie” è un libro che si legge in modo scorrevole proprio grazie a questo, nonostante l’impatto forte degli argomenti che tratta. Tramite tale fantasia spesso si parla, però, di disperazione.

Nell’ipotetico futuro orrido descritto nel racconto “La festa” ho trovato dei lievi punti di contatto con gli scenari più pessimistici venuti in mente a molti, ora che c’è in tutto il mondo la pandemia del Coronavirus. C’è un messaggio di fondo che hai cercato di trasmettere attraverso questo racconto?

«Sì io credo che noi tutti dobbiamo rivalutare un po’ dove stiamo andando come specie, rivalutare le nostre priorità. Secondo me stiamo lasciando indietro tante persone, tante realtà e ci siamo concentrati molto sul materialismo, tralasciando quello che non si può toccare… e che è sempre più difficile da trovare. Per questo parlo spesso e volentieri degli ultimi e delle sconfitti».

La giostra” invece l’ho trovata quasi una storia allegorica di denuncia contro il rifiuto della vita, sbaglio?

«Non è del tutto sbagliato. In realtà è stato interpretato spesso erroneamente come un racconto pro life e non è così. È assolutamente un inno alla vita, ma soprattutto legato a quando ci dimentichiamo cosa vuol dire il dono della vita».

Nel racconto “Il canovaccio” che sembra segnare l’inizio di una metà del libro in cui le atmosfere cupe si rischiarano un po’ grazie ad una maggiore dose di ironia, l’autore prende in prestito parte della sua esperienza di attore per tratteggiare il singolare protagonista che ha a che fare con scenari vagamente affini a quelli di Matrix. Il linguaggio è, ancora una volta, il punto di forza col quale conquistare il lettore. Biagio Iacovelli gioca con le parole in molte storie– l’aripiprazolo in questo racconto, i cosiformi e il Premio NonBel ne “Il botanico” – e dimostra una capacità incredibile di inventare – es.: il Fondo Pensionistico Per Cose Immateriali. La natura che descrive è animata, umanizzata (vedi il Sole, le foglie e i gigli de “La giostra”) e l’autore si abbandona maggiormente alla poesia nel racconto conclusivo “…e alla fine?” – “non si può trovare altrove qualcosa che si ha già. Non si può trovare la Luce fuori se abbiamo il Mattino dentro”.

Ascoltate l’audio intervista a Biagio Iacovelli sul canale Spreaker di Moozart:

Laura Mancini

Potrebbero interessarti anche...