PARLIAMO DI MUSICA ESOTICA…

Uno degli strumenti più affascinanti diffusi in Giappone è il koto. Si può dire che questo, con la sua lunga storia, sia diventato lo strumento nazionale per antonomasia, associato allo shaminsen e allo shakuhachi nelle orchestre che accompagnavano tradizionalmente le rappresentazioni teatrali.
La civiltà musicale del Giappone sembra avere origini persino più antiche di quella cinese se si considera la quantità di statuette che la testimoniano, rinvenute nelle tombe, ma in realtà questo Paese ha importato tutti i suoi strumenti proprio dalla Cina, modificandoli poi per adattarli alla propria cultura…

Il koto si può classificare tra la famiglia delle cetre. Questo strumento ci risulta sia comparso in Giappone nell’VIII secolo ed è legato ad un simbolismo poetico che lo rende importante nell’ambito della mitologia, al di là della sua funzione musicale. Il koto, infatti, era paragonato ad un dragone, sdraiato sulla spiaggia, che conversando dolcemente con le onde del mare era in grado di richiamare persino l’attenzione degli angeli. Le varie componenti dello strumento sono associate alle parti del corpo di un drago: la parte superiore equivale al dorso, quella inferiore è il ventre; il grande ponticello a destra rappresenta le corna e quello a sinistra il luogo in cui risiedono gli angeli in ascolto. La proiezione angolare all’estrema punta destra indica la lingua forcuta e l’altra estremità la coda. La parte inferiore laterale, poi, rievoca la spiaggia dove è ambientata la scena mitica e l’ovale all’estremità destra il mare.
Il koto è uno strumento a 13 corde a forma di cassetta rettangolare. Durante l’esecuzione viene poggiato a terra e lo si suona in ginocchio… è facile immaginare che responsabilità si deve sentire, pizzicandone le corde ed immedesimandosi per un momento in quel drago che col suo canto richiama gli angeli. A tale scopo vengono utilizzati tre plettri che vanno infilati nei polpastrelli del pollice, dell’indice e del medio della mano destra.
Il koto in genere era amato e suonato dalle donne dell’alta società ma venne utilizzato anche da famosi interpreti uomini. Non è sempre stato legato alla corte: fu usato in vari ambienti e scuole, come strumento religioso nei templi e come strumento del popolo dando origine alla Scuola popolare di koto. La lunghezza media dello strumento è di circa 180 centimetri.
Laura Mancini

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