La sfida di Beethoven e quella di Baricco in “Lezione 21”

Ad aprire la conferenza di presentazione del film “Lezione 21”  presso il Teatro Argentina di Roma, lunedì 13 Ottobre 2009, è stata Caterina D’Amico, di Rai Cinema: «Solo un gruppo molto motivato come Rai Cinema avrebbe potuto sostenere e portare alla luce un’idea affascinante come quella di Procacci e Baricco, che si presenta, però, anche come una sfida» ci ha detto, presentando il progetto, sostenuto anche da FANDANGO e realizzato con il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali. In seguito, il produttore Domenico Procacci ha semplicemente raccontato alla platea le circostanze in cui lui e Alessandro Baricco si sono conosciuti dopo la pubblicazione del suo primo romanzo “Castelli di rabbia” ed infine ha presentato il regista, passandogli la parola.

Baricco ha raccontato di quanto gli piacesse l’idea di vedere e festeggiare l’anteprima di questo film in un’ambientazione spettacolare come quella del Teatro Argentina, per ricreare anche parte delle atmosfere dell’epoca di cui narra il film stesso: «a parte il gusto estetico – ha detto infatti – c’è anche un motivo psicologico perché questa storia è nata nel mondo del teatro: la prima esecuzione della nona sinfonia di Beethoven – di cui parla “Lezione 21” – è avvenuta in uno spazio simile ed è stata uno spettacolo, un po’ come lo sarà la proiezione di stasera».

L’autore ha affermato anche di non riconoscersi nella definizione di “provocatorio” che alcuni gli hanno dato, riferendosi al suo progetto: «quello che mi interessa è parlare della musica in modo nuovo, presentando anche la musica classica come un momento “festivo”».

La comprensione di questo lavoro non è immediata, data la narrazione indiretta e piuttosto frammentaria, che avviene, in un certo senso, in parallelo. Lo stesso Baricco ha detto, in una sua intervista, che «la struttura del film è abbastanza “acrobatica”. A me diverte molto, quando scrivo libri, intrecciare le storie (…) nel cinema è un po’ più rischioso fare acrobazie del genere: non sai fin dove il pubblico è disposto a seguirti».

La trama del film “Lezione 21”

Ecco la trama: Mondrian Killroy (John Hurt), professore universitario inglese eccentrico e geniale (resta poco chiara la sua disciplina) era adorato dai suoi studenti che ancora ne ricordano le bizzarre lezioni ed in particolare quella chiamata “Lezione 21”, che risaliva agli anni in cui il professore si era dedicato allo studio delle opere d’arte sopravvalutate ed in particolare alla Nona sinfonia di Beethoven. La prima esecuzione di questa avvenne a Vienna, nel 1824, epoca in cui ormai Beethoven viveva sprofondato nell’isolamento, afflitto da una sordità quasi totale. L’ Inno alla Gioia dovette essere per lui una sorta di ultimo duello col mondo che lo aveva tagliato fuori.   Più o meno nello stesso periodo, su un lago ghiacciato a 30 chilometri da Vienna, fu trovato il corpo assiderato di un giovane musicista, Hans Peters (Noah Taylor). Al professor Killroy piaceva raccontare la storia di quest’uomo e sosteneva che un istante prima di morire assiderato, mentre ancora cercava di suonare il suo violino, Peters vide un bambino avvicinarsi a lui, un angelo e che nel breve istante della sua esitazione, accaddero in realtà molte cose.

Situazioni surreali ed atmosfere fantascientifiche (il bacio che fa azzittire gli uccelli) sono accompagnate da un uso spettacolare della immagini e da paesaggi che paiono dipinti e lasciano senza fiato; un applauso particolare va al direttore della fotografia, Gherardo Gossi. Le atmosfere cambiano da un momento all’altro in modo radicale, disorientando e stupendo. «Mi è sembrato evidente – ha dichiarato ancora l’autore in un’intervista – che trovare un regista che potesse fare suo un film del genere era quasi impossibile (…) così è venuta fuori l’idea di farlo dirigere a me. Il problema era che io non avevo mai diretto niente (…). La prima cosa che ho fatto è stata riscrivere la sceneggiatura (…): era davvero molto surreale e a tratti infattibile».   Colpisce, infine, anche l’uso della musica, che qui non è quasi mai colonna sonora ma parte stessa della narrazione e, a tratti, protagonista assoluta dato che, come affermano i bizzarri personaggi dei racconti di Killroy, «per capirlo – parlavano del ghiaccio, ma forse, metaforicamente, anche di Beethoven – basta ascoltarlo».

Laura Mancini

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