Prodotto da Domenico Procacci, Tilde Corsi e Gianni Romoli, in collaborazione con Rai Cinema, “Il passato è una terra straniera” è tratto dal romanzo di Gianrico Carofiglio che ha curato la sceneggiatura della versione cinematografica insieme a Francesco Carofiglio, Massimo Gaudioso ed al regista Daniele Vicari.
Il racconto è un lungo flash back, scatenato dall’incontro inaspettato del protagonista Giorgio, interpretato da uno straordinario e spontaneo Elio Germano con Antonia (Valentina Lodovini) una ragazza che appartiene ormai al suo passato da dimenticare.
Giorgio è un ragazzo alla ricerca di se stesso, di nuove possibili identità dentro di sé, che lo soddisfino di più. Un incontro casuale, forse quello sbagliato, con Francesco (Michele Riondino), fa esplodere in un attimo un lato della sua personalità rimasto fino ad allora inesplorato. E rimettendo in discussione tutto ciò che era stato fino a quel momento, un bravo ragazzo, studente modello di famiglia borghese con una fidanzata frivola (Romina jr Carrisi) ed un’identità che forse non gli era mai appartenuta davvero, entra in un circolo vizioso che porta alla perdizione.
A tentarlo per prima, una fortuna fittizia al gioco, la stessa fortuna che dopo aver sedotto lui, sembra lo aiuti a sua volta a sedurre chi gli sta intorno, portandolo a credere di poter conquistare qualunque cosa e chiunque, anche l’elegante signora sposata, più adulta e disillusa (Chiara Caselli). Ma quando si svela che la fortuna era stata solo un’illusione, dopo essersi scoperto manipolato ed ingenuo, Giorgio ci mette poco a decidere di scendere a compromessi e non voler più rinunciare a quella vita che ha appena cominciato ad assaporare. Supera facilmente gli scrupoli di coscienza e la paura di essere “beccato”, ascoltando la filosofia “comoda” dell’amico baro, che in fondo rubare a chi ruba non è poi così sbagliato… eppure non riesce più a guardare in faccia le persone, perché cambiare identità non è facile. Vive una sessualità nuova, con chi non può giudicarlo, allontanando la ragazza che ormai non può più capirlo.
E poi, improvvisamente, si trova ad essere anche lui uno di quei “cattivi” e ladri a cui rubava prima. Giorgio diventa violento e disposto a tutto ma la regia perfezionista e l’espressività dell’attore, senza fare ricorso alle parole, mostrano con abilità quanto poco, il ragazzo, sia contento di se stesso. E l’atto finale, la fuga verso una terra straniera, è una fuga verso la perversione e la perdita di ogni limite, valore, morale o punto fermo. La conclusione, che lascia aperti tanti interrogativi, è una sorta di autopunizione.
Ogni fase di questa discesa agli inferi, ogni singola scena di questo film è realizzata alla perfezione: si riesce a vivere in prima persona lo stato d’animo dei personaggi; la storia fa ridere quando vuole far ridere, lascia un senso di sgomento e angoscia nelle scene più cruente; persino il gioco d’azzardo nelle bische clandestine coinvolge lo spettatore, nonostante l’esito sia, in un certo senso, conosciuto fin dal principio di ogni partita.
La figura del “libro” è simbolo del cambiamento: nella prima vita di Giorgio era il regalo scontato per la fidanzata annoiata, mentre nella seconda diventa nascondiglio per le vincite al gioco. E ci sono anche i libri dell’università, per sostenere l’ultimo esame prima della laurea, l’esame per scegliere la strada giusta o sbagliata.
Non stupisce che il film sia stato vietato ai minori di 14 anni, nonostante il disappunto del regista.
Eliminato l’elemento giallo presente nel testo scritto, in cui in parallelo alle disavventure dei due protagonisti, corre il racconto di un’indagine condotta da un tenente dei carabinieri su una serie di misteriose violenze.
Laura Mancini