“Il Serenissimo. Ovvero l’inatteso fascino della mediocrità” Biagio Iacovelli, Rogas Edizioni

Biagio Iacovelli ha da poco pubblicato il suo secondo libro “Il Serenissimo. Ovvero l’inatteso fascino della mediocrità” con Rogas Edizioni. La prefazione è a cura di Moni Ovadia e l’opera, che segue la raccolta di racconta brevi “Antropozoologie – studio verosimile di una realtà grottesca”, mostra un autore molto più maturo e consapevole di ciò di cui vuole scrivere. La scelta del linguaggio ironico e delle situazioni paradossali in questo caso, infatti, risulta ancor più centrata e coerente con l’argomento trattato e con il messaggio che emerge dal libro.

Come conferma lo stesso Iacovelli nell’intervista che vi invitiamo ad ascoltare sul nostro canale Spreaker, di cui trovate l’anteprima di seguito, si percepisce un sano divertimento dello scrittore e un certo gusto nel giocare con le situazioni e con le parole, dietro all’innegabile impegno che ha dato vita al racconto. Lo studio sulla lingua qui si è fatto più complesso e sofisticato rispetto ad “Antropozoologie”. Iacovelli crea una vera e propria lingua, il latarese, con le sue regole prese in prestito dai nostri dialetti regionali. Basti pensare al nome del paese in cui è ambientato il racconto, Litaja.

L’abilità dell’autore sta in particolare nel saper parlare di niente e giocare in modo gustoso con i giri di parole che fanno intendere l’inconsistenza dei personaggi.

L’idea di Menouomo che emerge dal racconto ed esalta l’ignoranza e la passività dell’essere umano nasce come opposto alla teoria del Superuomo di Nietzsche. In tutto il testo si percepiscono tanti riferimenti alla situazione storica e politica attuale o passata del nostro Paese e anche a molti personaggi noti dei nostri media. Incontriamo, così, gli Amici del commendator DePhilipp che tanto ricordano gli Amici di Maria de Filippi, mentre la buffa parlata di DePhilipp evoca subito alla mente Maurizio Costanzo.

Biagio Iacovelli si pone con atteggiamento velatamente critico e sembra voler smontare, smascherare tutto e tutti, in modo per certi versi totalmente disilluso. Il nome Pippe scelto per definire la resistenza oppure “l’esame di normalizzazione alla mediocrazia” sono alcuni esempi.

Interessante anche una parte del racconto in cui l’autore si concede un cambio di stile inaspettato e si cimenta nel linguaggio volutamente stereotipato del giallo/poliziesco.

Gli spunti sono davvero molti e “Il Serenissimo” risulta un’opera raffinata nei concetti e nella forma ma al contempo scorrevole e fruibile da un vasto pubblico grazie all’ironia di cui è permeata.

Laura Mancini

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