Le voci di Fuori con Dario Aggioli al Teatro Nuovo Colosseo
Un’idea originalissima, quella della compagnia Teatro Forsennato, di raccontare la vita di un ventriloquo proprio tramite i pupazzi da lui creati e che lo hanno reso noto, condizionando tutta la sua esistenza. Dario Aggioli, velato ma non del tutto nascosto, all’interno di una cassa – trovata scenografica intelligente e ben realizzata – dalla quale regola luci, musiche, altera con l’elettronica la voce in modi sempre diversi e manovra tutti i suoi pupazzi, pur non essendo davvero ventriloquo dimostra un’abilità non comune nel coordinare movimenti di mani e piedi, voce e battute, in parte predefinite, in parte improvvisate su canovaccio. Quella che mette in scena è una storia a tratti buffa e divertente, a tratti commovente, che rivela punti di somiglianza con quella di tanti uomini. Non mancano punte di macabro nel finale.
Una prova d’attore e tecnico notevole, considerando che lo stesso Aggioli si trova quindi ad interpretare il ventriloquo Aurelio Fuori il quale in alcuni istanti reinterpreta a sua volta se stesso per partecipare alla narrazione dei ricordi o per rivolgersi ai suoi pupazzi. Dà vita al cappello/presentatore, al calzino, suo primo esperimento da ventriloquo, alla “madre” ovvero una bambola chiusa per metà in una scatola/bocca, persino alla radio e ancora ad altri 3 pupazzi che hanno accompagnato la carriera di Fuori, per un totale di otto entità, ciascuna delle quali viene realmente animata da un “carattere” personale e ben distinto dall’altra.
Solo nel ricordo “scottante” della compagna di Aurelio, Giulia, la narrazione di tutti i pupazzi tende a somigliarsi e trascurando le loro personalità, Aurelio tende a far emergere il suo sentimento e la sua umanità.
La rete semi-trasparente attraverso la quale di tanto in tanto vediamo Dario Aggioli nei panni di Aurelio Fuori, viene sfruttata come superficie su cui proiettare spassose immagini/fumetto che integrano la narrazione del rapporto tra Aurelio e la sua amata Giulia.
Le luci giocano un ruolo fondamentale puntando l’attenzione su ciascuno dei pupazzetti che siamo portati a pensare stia “parlando” ma il massimo della nostra attenzione e dei sorrisi li catturano proprio quei puppets realizzati con abilità da Sergio Lo Gatto con materiali semplici, conferendo loro un’espressività incredibile ed un’irresistibile simpatia nei tratti.
Un esperimento insolito e piacevolissimo, più difficile da raccontare che da fruire. Non perdetelo.
Laura Mancini