La filosofia Zen e il tango argentino: un affascinante accostamento, studiato da un maestro originario del Texas

Un filosofo texano, appassionato di balli e danze fin da bambino, si trasferisce in Italia e sviluppa l’amore per il più noto ballo argentino: il tango. I presupposti possono apparire bizzarri, ma parlando con questo simpatico signore, Oscar Wright, insegnante di Tango ormai da 3 anni nella Capitale, si scopre come il suo bagaglio culturale abbia fatto emergere interessanti accostamenti tra le filosofie orientali e questa danza.

«La metafora più rappresentativa della mia visione del tango è l’arte dell’Ikebana. L’arte Zen in generale, tenta di raggiungere l’essenziale eliminando qualsiasi cosa che non sia strettamente necessaria. Nell’arte Ikebana in particolare, vengono utilizzati fiori di piccole dimensioni ed ogni piccolo elemento assume una collocazione ben determinata grazie all’ispirazione artistica. Lo scopo è raggiungere l’armonia tra il contenitore, il fiore e l’ambiente circostante: anche lo spazio vuoto è importante. Lo spazio vuoto equivale alle pause della danza.Arriviamo al tango: il nostro obiettivo è creare arte attraverso la danza; questo il proposito di ciascun esercizio tecnico. La respirazione e la visualizzazione, gli esercizi ad occhi chiusi, sui quali mi soffermo sempre durante le mie lezioni, e poi i movimenti stessi del corpo servono a far sì che diventiamo strumenti stessi dell’arte. Che diventiamo il pennello fino di un artista, tentando di dare un esatto significato ed una precisa rappresentazione dell’ispirazione dell’artista… Per concludere, è così che due persone divengono una sola, unite perfettamente nella bellezza: il tempo si è fermato, l’angelo dentro di noi si è rivelato e siamo immortali (come l’arte) con l’altro».

Spiegami meglio il concetto del tempo che si ferma. «Una delle cose che ribadisco spesso agli studenti è che la gamba è “nel presente”, non c’è passato né futuro. Perché questo risulta importante? Bene, prima di tutto perché, banalmente, la maggior parte dei ballerini che già praticano qualsiasi altro ballo, ma non hanno ancora appreso il tango, si muovono troppo rapidamente; in qualche modo la nella loro mente si insinuano convinzioni come “Devo finire questo passo” oppure “C’è una conclusione in questa coreografia”, ovvero pensano al futuro e al ballo come un insieme predefinito e compatto, mentre il tango è una danza totalmente improvvisata. Altre volte si rimane concentrati su “quello che si sarebbe dovuto fare” o “il passo che si è saltato o sbagliato in una sequenza” e si perde di vista il presente».

Il paragone tra le due materie, arte Ikebana e Tango, suona molto affascinante… ma in quale modo la filosofia Zen può essere “utile” nello studio del Tango Argentino? «Non c’è niente, secondo me, che unisca due persone più del ballo del tango: uomo e donna sono uniti nell’abbraccio ed il petto si muove al ritmo di una musica passionale e nostalgica… La chiave è superare le paure e proprio a questo scopo io uso lo Zen. Si comincia con la respirazione profonda, gli occhi chiusi, si cerca l’equilibrio perfetto “interiormente” e si immagina di creare il colore nell’ambiente col movimento del proprio corpo».

Laura Mancini

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