I carcerati di Rebibbia sul palco del Teatro Golden

Il teatro come strumento di speranza e di redenzione. Con questa prospettiva di cambiamento è stato messo in piedi, da oltre trent’anni, il più antico gruppo teatrale penitenziario italiano, la Compagnia Stabile Assai, unica compagnia che mette in scena testi inediti basati sulle esperienze dei detenuti ed il cui organico è composto proprio da imputati che tuttora stanno scontando in carcere pene severe, la maggior parte legate a reati di Mafia, Camorra e Ndrangheta.   La Compagnia, il cui esordio è datato 1982 al Festival Internazionale di Spoleto e che, nel corso della sua carriera ha collezionato diversi riconoscimenti, tra cui la Palma d’Eccellenza del Premio Cardarelli (2007),
il “Premio Troisi” (2011) e la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la valenza artistica della sua opera sociale (2013), si esibirà al Teatro Golden di Roma dal 25 al 28 aprile in uno spettacolo, presentato in anteprima nazionale, scritto da Antonio Turco, che della compagnia, e soprattutto dei detenuti, è il fondatore nonché l’educatore in carcere. “La fine all’alba” è un’opera noir e crepuscolare ambientata all’interno di una banca dove si sono asserragliati 5 rapinatori, ognuno appartenente ad organizzazioni criminali diverse, con 3 ostaggi: il

direttore della banca, una ragazza affascinata da uno dei rapinatori e un signore anziano che era andato a chiedere un mutuo. La consapevolezza che quella potrebbe essere la loro ultima notte produce nei banditi complesse riflessioni sulla propria esistenza, nella ipotetica e sofferta scelta tra l’ergastolo e quindi il ritorno in carcere o la morte. «Lo spettacolo – come afferma lo stesso autore – ispirato, certamente, a Le Iene di Quentin Tarantino, tratta di una rapina fallita ma vuole rendere anche un’immagine umana dei criminali nel loro rapporto tra la Vita e la Morte. Sono uomini che hanno perso la propria scommessa con la vita e hanno iniziato a morire scontando lunghissime pene, ma anche uomini che hanno vinto in qualche modo la loro battaglia con la morte assoluta attraverso il lavoro teatrale, che in questo ambito non è un’arte di persuasione o apparizione, ma un vero e proprio strumento di ricostruzione personale”.   Di questa nuovissima esperienza, che può definirsi anche la prima pièce “integrata” nella quale gli stessi detenuti, che precedentemente recitavano monologhi, si intrecciano in veri e propri ruoli drammatici, fanno parte non solo i componenti storici della Compagnia – tra cui Cosimo Rega e Giovanni Arcuri, protagonisti del premiato Cesare deve morire dei Fratelli Taviani – ma anche figure femminili legate al mondo del carcere –  la psicoterapeuta Sandra Vitolo, la didattico terapeuta Patrizia Spagnoli, che lavora nel carcere di massima sicurezza di Spoleto, e Patrizia Patrizi, ordinaria di psicologia sociale dell’Università di Sassari – attori professionisti – Deborah Bertagna e Mario Zamma – e Rocco Duca, per anni unico esponente della polizia penitenziaria a salire sul palco

insieme ai detenuti, per l’occasione in scena col collega Franco Iaconi. Un esempio di identificazione sociale atto a dimostrare che il teatro può essere anche uno strumento di relazione collettiva tra i detenuti e la comunità esterna. Sulla storia della Compagnia di recente è stato realizzato Offstage, un film documentario con particolare riferimento alle esperienze di cinque detenuti, condannati a lunghe pene o ergastolani, che dall’esperienza teatrale hanno saputo trarre nuova linfa per reinventarsi e crearsi anche una cultura. Si tratta di Cosimo Rega, esponente di spicco negli anni Settanta della camorra nell’agro nocerino sarnese, Giovanni Arcuri, il “ponte” di Pablo Escobar e dei trafficanti latino-americani del cartello di Medellin, Aniello Falanga, camorrista, appartenente al “clan Alfieri”, Renzo Danesi, appartenente al gruppo storico della Banda della Magliana e Salvo Buscafusca, legato alla potente cosca di Pippo Calò. Le loro vicende individuali esemplificano la storia criminale che ha segnato il nostro paese; eppure, da questi passati criminali i cinque hanno potuto riscattarsi interpretando se stessi, o storie a loro prossime, sul palcoscenico e vivere uno sdoppiamento e infine una presa di distanza dal proprio vissuto trascorso.   Lo spettacolo, giocato sul movimento oltre che sulla pregnante e drammaticamente attuale drammaturgia, si avvale anche di un’integrazione musicale dal vivo con un quintetto formato dallo stesso autore Antonio Turco (chitarra e voce), Roberto Turco (chitarra classica, basso e voce), Lucio Turco (batteria), Paolo Tomasini (sax baritono) e Barbara Santoni (voce), che interpreta brani intrinsecamente legati al testo – da Ben Harper a Bob Dylan, da Natural Woman a Proud Mary – impostandoli come una vera e propria colonna sonora che accompagna le azioni della pièce.  

Alle quattro serate hanno già dato adesione gli onorevoli Bruno Molea, Roberto Giacchetti, e Sandro Favi (commissione giustizia PD), il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Presidente Giovanni Tamburino, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza Alfredo Bellet, il sostituto procuratore Marcello Monteleone, oltre a sei magistrati di sorveglianza.   Una produzione Format S.a.s. Realizzata grazie alla preziosa collaborazione dell’AICS (Associazione italiana cultura e sport) che da sempre sostiene il lavoro della compagnia e dell’IPA (Istituto previdenza e assistenza dei dipendenti comunali), cui è dedicata la prima serata.

Compagnia Stabile Assai del Carcere di Rebibbia Teatro Golden via Taranto 36 –  Roma

Dal 25 al 28 aprile 2014 “La fine dell’alba” di Antonio Turco

Con Giovanni Arcuri Salvatore Buccafusca Renzo Danesi Aniello Falanga Cosimo Rega Francesco Rallo Tonino Farinelli Roberto Pedetta e con Sandra Vitolo (psicologa del carcere di Rebibbia) Patrizia Patrizi (docente universitaria) Patrizia Spagnoli (teatro-terapeuta) Deborah Bertagna (attrice professionista) Mario Zamma (attore professionista) Rocco Duca e Franco Iaconi (esponenti della polizia penitenziaria)

Regia di Francesco Cinquemani

Laura Mancini

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