Alessandro Roja interpreta un “Misterman” che disorienta e commuove

Dopo aver assistito alla rappresentazione del dramma di Enda Walsh Misterman– nella sua prima trasposizione in lingua italiana, a cura di Lucia Frachi, già proposta, durante la scorsa stagione, sui palchi milanesi – in scena nella Capitale al Teatro dell’Orologio, di certo, si può rimanere disorientati. Se, infatti, attratti dal riassunto della trama, ci si aspetterà che questa venga narrata in maniera immediatamente comprensibile e lineare, si rimarrà spiazzati (tanto gli esperti fruitori di teatro sperimentale quanto gli spettatori occasionali): la storia di Thomas Magill, un ragazzo che vive in una cittadina provinciale irlandese, del ricordo dell’ombrosa figura di suo padre che non c’è più, del legame di amore/odio con la madre apprensiva, dei vari concittadini che lo deridono e della sua fissazione di essere “inviato” dal cielo in un’opera di conversione del prossimo, viene ricomposta nella mente dello spettatore solo alla conclusione dello spettacolo.

Ad essere rappresentata, infatti, in un puzzle per certi versi psichedelico, in cui le scene siripetono più volte e non sempre rispettando un ordine cronologico, è, evidentemente, la visione contorta e distorta della realtà da parte del protagonista – distorsione che si ritrova nell’uso attento delle sonorità e delle registrazioni che, tra l’altro, contribuiscono ad evocare quegli elementi della scenografia effettivamente mancanti sul palco.   Il testo era inizialmente pensato per una compagnia di attori – rimane la curiosità di sapere quale sarebbe stata la resa se in scena fossero comparsi tutti i protagonisti – ma in seguito fu rielaborato come monologo: Alessandro Roja, nei panni di Thomas “Misterman”, alterna, quindi, scene in cui dialoga con le registrazioni delle voci dei personaggi assenti ad altre in cui,  faticosamente, interpreta al contempo due o più parti, variando posizione, timbro di voce e mimica. Un lavoro non facile, quindi, di comprensione ed ascolto da parte dello spettatore e arduo per l’attore, che non può contare su cambi di scena o di abito, con risultati, evidentemente, diversi di replica in replica, a seconda dell’energia e dell’intensità dell’immedesimazione. Nel caso dell’interazione con le voci registrate, se

da un lato l’atmosfera onirico-psichedelica è ricreata efficacemente, dall’altro si cade di frequente in una pericolosa perdita del ritmo e della naturalezza del dialogo. Quando invece tocca a Roja cimentarsi in più ruoli, si assiste ad alcune scene in cui il passaggio dall’uno all’altro è perfetto ed i personaggi calzano maggiormente all’interprete e ad altre in cui il risultato è confuso e, ancora una volta, lento, ma comunque mai privo di sensibilità.   Questo dialogare da solo o con interlocutori immaginari, non può non ricordare tante realtà umane che ci circondano: basti pensare al barbone che si scorge all’angolo della strada di città, si incontra sull’autobus o seduto su una panchina a parlare da solo ma apparentemente rivolto ad un interlocutore.

A emergere, in conclusione, è soprattutto la toccante e sconvolgente rappresentazione della solitudine di un uomo come tanti, attanagliato dalle sue insicurezze e fragilità, il quale, privato anche dell’ultimo barlume di speranza/illusione, giunge al gesto disperato e violento. Le insicurezze sono camuffate dall’introduzione iniziale, che ricorda la creazione divina e pone l’uomo nell’Eden in una visione di “controllo” – e, apparentemente, di potere – di tutto il creato.  

Teatro Dell’Orologio – Sala Orfeo Via dei Filippini 17a – Roma Tel. 066875550 Dal 5 al 10 novembre 2013  “Misterman” di Enda Walsh Compagnia CapoTrave Regia di Luca Ricci  

Laura Mancini

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