Valeria Cimò “I cantori di Arbòrea”, Radicimusic

«Questo album nasce dopo 5 anni di grandissimo lavorio, dopo che ho subito un attentato mafioso per aver salvato il mio bosco natale dai roghi incendiari annuali che purtroppo investono la nostra Sicilia» racconta Valeria Cimò, interprete dell’album “I cantori di Arbòrea” pubblicato quest’anno da Radicimusic e accompagnato da un libretto di testo che illustra l’ispirazione venuta per ciascun brano dal mondo degli alberi e offre anche una versione in italiano dei brani composti in dialetto.

«Il bosco che brucia significa che brucia l’individuo, come brucia la comunità – continua a spiegare la Cimò nella presentazione del suo lavoro – A seguito di questo episodio della mia vita ho fatto “dell’albero” anche un percorso interiore».

la copertina del cd I cantori di Arbòrea

Gemino Calà ha composto insieme a Valeria Cimò le musiche degli 11 brani (3 in italiano e 8 in dialetto siciliano che comprendono anche un’interpretazione recitata priva di melodia) e accompagna con maestria la cantante al pianoforte, al fiscalettu, alla zampogna e al marranzano. Ha contribuito anche alla realizzazione degli arrangiamenti ricchi ed eterogenei, che proiettano l’ascoltatore in un viaggio attraverso tante storie, racchiuse in ciascun brano. Ogni canzone, infatti, seppur dedicata a un albero, simboleggia un significato più profondo: così Il faggio, pezzo di apertura del disco, spiazza per l’intensità e la poesia, parlando del dubbio, di come si insinua nell’essere umano e del suo rapporto con la coscienza. Abies nebrodensis, omaggio a Rosario Schicchi, è permeato di riflessioni sullo stretto rapporto tra mafia e menzogna; Madre quercia è un inno all’arte, alla sua capacità seduttiva e ai suoi retroscena drammatici, una canzone caratterizzata dal ritmo tribale ipnotico, mentre il testo del recitato Sugnu un pruni parla di benevolenza, clemenza, misericordia. Ne Il frassino cambia completamente l’atmosfera e mentre si offre una visione personale sulla religione cattolica e i suoi condizionamenti sull’uomo, la melodia si fa scanzonata e ironica. Cirasena col suo sound folcloristico racconta storie di potere, terrore e giudizio. In U’ ficu si affronta in modo più diretto il tema della morte, L’alivi di parrichi è incentrato sulla solitudine, giocato su un tempo di Valzer; Nucidda, col suoritmo seducente da taranta, è dedicato al concetto di verità; Sarvi Rigina chiude l’album con una riflessione sulla donna come figura mistica, interpretata con lirismo da voce e pianoforte.

“I cantori di Arbòrea” è un album di pregio, che pur partendo da un contesto particolare e regionale, col suo dialetto e le sue tradizioni musicali, riesce a uscire da quei confini e allarga lo sguardo alla musica nazionale e internazionale, fondando la sua ispirazione sui sentimenti umani più profondi, riconoscibili al di là della lingua e dei generi musicali.

Laura Mancini

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