Lisa Maroni presenta il suo primo album da solista “Auditorio Intimo”, in vendita digitale dal 13 Maggio 2010 sul sito di Storie di Note e nei principali negozi a distribuzione online.
Sfogliando il libretto, notiamo che i testi dei brani sono riportati su uno sfondo di immagini legate alla casa, alla cucina, alla quotidianità ed alla fanciullezza.
L’album è introdotto misticamente dalla narrazione in lingua portoghese della legenda indigena della popolazione Tupi Guaranì della Vitoria Regia, una pianta acquatica dell’Amazzonia che un tempo, prima di trasformarsi, era stata una giovane ragazza innamorata del “ragazzo d’argento” il quale pare rappresentare la luna. Il racconto, interpretato con toni materni di fiaba dalla voce dolce ed espressiva di Lisa, ha come sottofondo le note prodotte dal duduk suonato da Lorenzo Fontana che aggiungono all’atmosfera un alone di mistero. È così che entriamo nel mondo di sogni e confidenze, più o meno aperte o velate dall’espressione poetica, della cantautrice italiana, che in questo album intimo e personale spesso predilige la lingua portoghese – per il suo forte legame col Brasile dovuto a parentele, amicizie ed esperienze di vita – a quella italiana e all’inglese.
Il primo samba jazz ce lo regala “Olha pra cima”, un pezzo di Michel Petrucciani dal ritmo spedito – scandito con decisione e brio da Fabio Picchiami al piano ed accentuato dalle percussioni di Ricardo Janotto – dal motivo orecchiabile che conquista immediatamente. “Essa Mulher” si apre in modo originale coi suoni di stoviglie e lavello che ci portano nel mondo delle faccende domestiche, mentre la protagonista di questa “finzione” canticchia senza base musicale, raccontando le semplici imprese di una giovane donna/madre. Il pianoforte entra poi insieme a Zambonin delicato sui piatti e a Janotto col suono magico dei chimes, costruendo una base jazz lenta e malinconica ai versi di Ana Terra.
In “Quem” Picchiami ricorre al piano rhodes conferendo sonorità fusion pur nei tempi della musica latino americana. La voce della Maroni è calda, delicata, modulata su tonalità medio-alte e si diverte con uno scat raffinato senza mettersi in primo piano ma rimanendo piuttosto uno strumento ben inserito tra gli altri. Si passa per il lento e breve “Nuova luce all’orizzonte” in cui la cantante è accompagnata solo dal piano ed ecco “Pra você” introdotto splendidamente dal mandolino suonato da Daniel Migliavacca ed arrangiato in modo originale anche grazie all’intervento di Chamorro alla chitarra a 7 corde, che guida l’accelerazione improvvisa che a metà brano ci trasporta magicamente in Brasile insieme ai cori. “Sicily” coniuga arditamente le melodie originali di Chick Corea ai testi di Pino Daniele; l’architettura del brano è più complessa ed è impreziosita dal contributo di Cleber Bittencourt e Osmario Junior ai fiati, mentre Lorenzo Fontana imbraccia qui il flauto.
“J-Blues” combina il blues (ricordiamo che il nome viene proprio dall’espressione “to have the blue devils”, avere i diavoli blu, riferendosi a quegli spiriti responsabili della tristezza e del dolore di cui gli schiavi neri si volevano liberare, “espellendoli” tramite il canto) all’espressione della fede in Dio; l’accompagnamento è essenziale, contrabbasso e schiocco delle dita e si racconta l’amore per i piaceri del corpo e quelli de cielo. Un jazz sensuale, quello di “Manhậ de carnaval” in cui apprezziamo Fontana al sax, ci porta verso la conclusione dell’album con “Brother Breath” caratterizzato dai riff della chitarra di Mario Conde e ancora da quegli accenni di fusion dati dal piano rhodes. La parte conclusiva è parlata e sembra voler esprimere un ringraziamento. Abbiamo chiesto a Lisa Maroni le origini della canzone:
«La considero un po’ una mia piccola personale sintesi simbolica: il brano nasce al ritorno di un incontro di bioenergetica che seguii anni fa e che mi aveva aiutato a prendere consapevolezza del respiro. A casa, nel silenzio totale, mentre rivivevo tutte le belle sensazioni che mi aveva dato quell’esperienza, sono emersi una serie di suoni e immagini che hanno ispirato questa composizione. Il termine “Brother” è un riferimento alla mia terra d’origine, l’Umbria e alla spiritualità che mi ha trasmesso, vicina per molti versi all’animismo africano. Il testo è carico di significati simbolici (Mother Earth, Sacred Fire, Birth in Waters) e femminili (from the ancient womb I bear), quindi direi impregnato di femminilità e di una capacità tutta femminile di ascoltare, percepire, riconoscere gli elementi e i delicati equilibri del mondo dentro come di quello fuori. La forza.»
Laura Mancini