“Carlo, You Rock!”, il libro in cui Carlo Basile racconta 50 anni di musica rock

Per conoscere i retroscena degli ultimi 50 anni di musica internazionale, è in uscita un libro imperdibile intitolato “Carlo, You Rock!” pubblicato dall’editore svizzero Reto Stöcklin, un’autorità su sulla musica internazionale e in particolare sul personaggio di David Bowie. Scritto da Carlo Basile, testimone attivo dei rivoluzionari cambiamenti musicali di mezzo secolo sin da quando, nel 1968 è diventato direttore editoriale della storica rivista settimanale di musica e fumetti “Off-Side”. Basile negli anni ha collaborato con molte altre riviste di genere come Audiovision, Titan Avant Garde, Ciao 2001, Nuovosound, Supersound e con il programma radiofonico Rai “Per Voi Giovani” di Paolo Giaccio e Mario Luzzato Fegize. Grazie al suo lavoro come promotion manager nella EMI Italiana, come responsabile di tutto il repertorio internazionale nella RCA Italiana nonché alla guida del reparto distribuzioni straniere della BMG Italia, Carlo nella sua vita ne ha viste e sopratutto sentite delle belle.

Il suo libro, acquistabile a questo link, che ha un sottotitolo che è tutto un programma – “storie di sesso (poco), droga (molta) & hit parades (niente male)” – è dunque una vera perla, una rara testimonianza di tanti fatti e aneddoti che riguardano star della musica mondiale del calibro di:

  • Madonna,
  • Pink Floyd,
  • Deep Purple,
  • Eurythmics,
  • Grand Funk Railroad,
  • i quattro ex Beatles solisti,
  • Jefferson Airplane,
  • The Nice,
  • Hall & Oates,
  • The Who,
  • David Bowie,
  • Iggy Pop,
  • Lou Reed,
  • I Nomadi,
  • The Sweet,
  • The Suicide,
  • Patty Smith,
  • Jethro Tull,
  • Housemartin,
  • Ultravox,
  • Lene Lovich,
  • Pat Benatar,
  • The Ramones,
  • Ian Dury & Blockheads.

Il suo intuito musicale ha portato in Italia molti di questi artisti e gruppi che rischiavano, spesso di rimanere ignorati nel nostro Paese.

Carlo Basile, autore di "Carlo, You rock!"

Quanto spesso, secondo te, i discografici di oggi hanno paura di mettere alla prova il gusto musicale del pubblico e finiscono per assecondarlo invece di rischiare e proporre delle novità?

«Capirai, con questa domanda mi inviti a nozze! Se ti devo dire la verità, i discografici di oggi mi sembrano l’ombra di quelli di ieri. Dal momento in cui le major si sono accorpate ne sono rimaste solo tre, i talent scout di una volta hanno paura di sbagliare e demandano ai capi».

Ti capita ancora oggi di andare a curiosare tra i nuovi talenti o tra gli artisti stranieri che in Italia non sono conosciuti e di pensare che varrebbe la pena promuoverli da noi?

«La ricerca del talento è sempre stata la mia caratteristica fondamentale e io ficco il naso un po’ dappertutto e trovo delle canzoni stupende, che mi lasciano a bocca aperta. All’estero c’è ancora la cultura della musica, del rock e ci sono ancora case discografiche che funzionano e rischiano».

Oggi con la tecnologia digitale la fruizione della musica è radicalmente cambiata, i ruoli di intermediari come anche quello del critico musicale hanno un peso nettamente inferiore rispetto al passato, perché c’è un contatto quasi diretto tra l’artista ed il pubblico. Tramite il sito web ufficiale, i canali social si conosce immediatamente tutto nel dettaglio sull’uscita di un singolo o di un album e si sanno vita morte e miracoli di quell’artista. Tu racconti nelle tue testimonianze di come invece in precedenza le informazioni arrivavano in ritardo. Si riceveva il disco di un artista internazionale e poi si doveva attendere per saperne di più. Secondo te quali sono i pro e i contro di questo cambiamento?

«In passato per quanto riguarda il rock ‘n roll non esisteva informazione internazionale. Il mio punto di riferimento era il Discobolo che andava in onda tutti i giorni con un disco al giorno. A me non piaceva l’arte del bel canto italiano alla Claudio Villa, quindi attendevo con ansia di ascoltare le poche trasmissioni e leggere le poche riviste che mi permettevano di conoscere la musica straniera. Oggi o si vanno a scovare da soli determinati artisti oppure alcuni di loro non emergeranno mai perché non esiste più nessuno che “scopra” i nuovi talenti. Prima c’era una grande pazienza da parte della casa discografica di far crescere l’artista e distribuirlo.

Secondo me i benefici di questo cambiamento “digitale” non sono stati molti, soprattutto quando è cominciata la pirateria musicale con la possibilità di scaricare facilmente gli mp3».

Ho letto una tua intervista in cui raccontavi un aneddoto interessante su come sia nata la tua sfrenata passione per la musica. Tu, a quel che ho capito, hai avuto una mamma iper protettiva che si impicciava di tutto e condizionava un po’ anche la tua vita e l’arrivo del rock ‘n’ roll per te fu una sortadi zona franca, dove lei non poteva intervenire. Raccontaci di più dei tuoi “inizi”

«Quando ero ragazzino e finii il liceo scoprii una radio che si chiamava Radio Luxemburg che non sempre si sentiva bene. Io registravo tutto quello che trasmetteva e poi riascoltavo tutto con santa pazienza, per scovare canzoni interessanti. Dopo una certa ora c’era un dj favoloso che trasmetteva musica progessive. Per me grazie a quell’ascolto si è aperto un mondo, ho scoperto musicisti che altrimenti non avrei potuto ascoltare: restavo estasiato. Devo tutto a quella radio».

Ci sono incontri con alcuni artisti di cui hai scritto in modo particolarmente sentito, ad esempio ho letto di alcuni concerti dei The Who ai quali hai assistito che ti hanno particolarmente commosso e ti hanno fatto uscire i cosiddetti lacrimoni. La musica riesce ancora a emozionarti in questo modo?

«Ci deve essere un insieme di cose che funzionano, allora mi emoziono. Al concerto dei The Who al quale ti riferisci, con lo spettacolare anfiteatro romano alle spalle della band, i laser gialli e verdi che allora erano una novità assoluta, in più col fatto che io mi ero pure fumato una cannetta… insomma, la ricordo come un’esperienza incredibile. Ci sono stati dei concerti fantastici che ho visto e mi hanno fatto commuovere. Oggi, invece, sai qual è il problema: che diventiamo tutti vecchi! Gli anni sono passati per me come per gli artisti che ho sempre seguito e i loro concerti di adesso non mi emozionano più come prima».

Mi ha colpito molto una tua affermazione sul fatto che la musica non ha colore, non ha partito, e che se un musicista è forte può essere di destra o di sinistra, si possono non condividere le sue idee ma è necessario riconoscere sempre il suo valore artistico. Questo è un approccio che come critico musicale posso condividere pienamente. Ma per quanto riguarda il pubblico, pensi sia legittimo scegliere di seguire o meno un musicista anche per gli ideali che rappresenta?

«Ti faccio un esempio: quando nacque il punk era anarchico, c’erano i punk di sinistra, i nazi punk… ecco a me questi ultimi non è che mi andassero tanto a genio però mi piaceva il genere. In realtà, secondo me, in tutte le epoche la gente non fa che seguire il trend: c’è uno che indossa la croce uncinata? Ecco che tutti si mettono croci uncinate. Va la croce romana, quella un po’ “da fascio”? Ecco tutti con la croce romana. Io faccio questo ragionamento: a me l’artista mi deve dare delle emozioni, voglio sentire della bella musica. Alla fine facesse quello che gli pare!».

Per concludere arriviamo al tuo libro: da quanto tempo ci lavoravi e soprattutto come nasce il titolo “Carlo, You Rock!”?

«Ho impiegato circa un anno e mezzo per la prima stesura ma almeno un altro anno è passato per perfezionare i riferimenti alle date, ai luoghi ed essere certo che la memoria non mi ingannasse e di non aver fatto errori. Io sono uno precisino, sono pignolo! Ho dovuto verificare tutto, per presentare un testo autorevole.

In copertina c’è una mia foto scattata a Napoli, da una amico musicista e alle mie spalle si vedono dei poster dei grandi della musica. Solo quello di Hendrix era davvero appeso alla parete, gli altri li abbiamo aggiunti proprio per significare l’eclettismo musicale che caratterizza un po’ tutto il mio percorso.

L’espressione “you rock!” viene molto utilizzata nell’ambiente musicale americano e a me lo hanno detto in tanti nell’ambiente. Significa “sei uno gagliardo, sei uno che sa”!».

Il volume 1 di “Carlo, You Rock!” è incentrato sugli anni del fanatismo e del collezionismo e gli anni del lavoro di Carlo Basile con la EMI ed è acquistabile in prevendita su richiesta. Si possono trovare tutte le informazioni sulla pagina ufficiale del libro in attesa che inizi la distribuzione nelle librerie digitali.

Ascolta la versione integrale dell’audio intervista a Carlo Basile sul canale Spreaker di Moozart, con tanti altri aneddoti:

Laura Mancini

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