A teatro, Francesco Montanari e Giorgio Colangeli, figli non riconosciuti


 

Il lavoro scritto e diretto da Alessandro Bardani e Luigi di Capua, presentato in questi giorni al Teatro della Cometa di Roma, è un’ottima occasione al contempo per ridere e riflettere. Se l’argomento su cui si basa “Il più bel secolo della mia vita”, infatti, è serio e pone all’attenzione del pubblico una questione importante e, forse, poco nota – i figli non riconosciuti, in Italia, non possono venire a conoscenza della loro storia preadottiva e dell’identità della madre naturale, fino al compimento del centesimo anno di età e perdono, a causa di questo, il loro diritto alla salute, non potendo prevenire alcuna patologia familiare – d’altro canto l’abilità dell’autore sta nel costruire due personaggi , due “casi” di figli non riconosciuti (N.N.) davvero singolari e spassosi, ponendo in contrasto due opposti, per un effetto a tratti esilarante. Mentre il trentenne Giovanni, un tipo formale e preciso, si mostra convinto, in modo quasi maniacale, degli ideali che persegue nella sua attività intrapresa con l’Associazione F.A.E.G.N., Figli Adottivi e Genitori Naturali (sigla sul cui buffo suono si scherza spesso) e dei valori ad essa legati, il centenario Gustavo, ben più schietto e pratico, tende a sdrammatizzare l’intera faccenda e a scherzare su ogni cosa, sconvolgendo i piani

del primo, ogni volta che i due si incontrano. Proprio quell’uomo che il giovane sperava di identificare come suo “eroe”, poiché in grado di superare l’ostacolo rappresentato dalla legge, appena compiuto il centesimo anno di età, appare, invece, disinteressato all’intera questione, indifferente nei confronti del proprio passato e concentrato solo sul presente, da vivere intensamente, nonostante l’età avanzata. Giovanni pensa del vecchio che in tutta la sua vita abbia solo “occupato il tempo”, facendo mille cose, senza costruire nulla; secondo Gustavo, invece, il ragazzo è un vigliacco che non ha coraggio di affrontare il presente. Si avvia, così, un vero e proprio, interessante, confronto generazionale, ricco di spunti di riflessione, che, se sulle prime appare privo di frutti, in realtà risulterà utile ad entrambi.   Gustavo sprona Giovanni a pensare al futuro, a costruire i suoi rapporti interpersonali, la sua famiglia del domani, la sua stessa personalità mentre Giovanni è ancora bloccato nel passato che non conosce e spera, forse, di poter riversare su un qualsiasi nome che corrisponda alla propria genitrice il sogno di una madre. Per il ragazzo essere “responsabile” vuol dire essere un bravo studente, un bravo “ometto” di casa, fare tutto ciò che, in sostanza, potrebbe rendere fiera una mamma. Preso dalla smania di avere il controllo su tutto, anche sulle proprie emozioni, cela dentro di sé ogni sentimento. Per Gustavo, invece, ciò che conta è divertirsi, godersi la vita, spassarsela con le donne, esplorare e sprigionare le emozioni.

La locandina de "Il più bel secolo della mia vita"

Più Giovanni si mostra “vecchio” negli interessi che coltiva, nei ragionamenti e nei modi di fare, più l’altro appare “giovane” nello stile di vita che ha scelto. E se di fronte alla condotta sregolata che Gustavo ha portato avanti per tutta la sua esistenza, Giovanni domanda come faccia ad essere ancora vivo, l’altro rigira ironicamente e retoricamente la domanda: è evidente che, per i due protagonisti, “vivere” corrisponda a concetti assai diversi…

In questo dialogo, la tensione emotiva è mantenuta abilmente dai due magnifici interpreti, che caratterizzano magistralmente i loro personaggi e riescono a catturare perfettamente l’attenzione dello spettatore, in un’equilibrata alternanza tra comicità e profonda riflessione.

È la fidanzata di Giovanni, però, a rivelare, col suo punto di vista, altri aspetti del carattere del ragazzo che lui non vuole dare a vedere. Il fidanzato rimprovera ad Arianna di essere stata aiutata e condizionata in tutte le sue scelte dalla famiglia, rinfacciandole che, invece, lui ha dovuto fare sempre tutto da solo e trasformando, così, a seconda di come gli fa comodo, quello che prima era presentato come uno svantaggio, in un motivo di vanto: ma il personaggio di Arianna – interpretato da una Maria Gorini spontanea e immediata – seppure meno presente, emerge rivelando una ragazza tenace e risoluta. È una donna nella quale tante spettatrici si possono riconoscere e risulta indispensabile a completare uno spettacolo in cui l’assente tanto invocata è la “madre”. Proprio Arianna rappresenta la figura femminile che si dice orgogliosa di Giovanni e rimprovera Gustavo al momento opportuno.

Laura Mancini

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